Prova valutativa in campo

Le regole della Potatura

Come potare un olivo. Le regole della potatura da terra a Vaso Policonico


    La forma di allevamento più aderente alle necessità dell'olivicoltura italiana è certamente quella del vaso policonico, resa, però, aderente alle attuali necessità agronomiche, economiche e sociali. La parola d'ordine oggi deve essere potatura agevolata e semplificata. Occorre quindi smettere di utilizzare le scale, cercando di limitare al massimo il costo dell’intervento.

    L’olivo può ritenersi una specie molto plastica che si adatta a numerosi modelli di gestione della chioma, ma con risultati produttivi soggetti a notevole variabilità in funzione del grado di soddisfazione dalle sue naturali esigenze fisiologiche. Gli alberi assicurano sempre una benché minima quantità di prodotto, ma le reali potenzialità produttive restano spesso nascoste. La plasticità, ritenuta una vantaggiosa prerogativa della specie rappresenta, invece, il suo principale problema poiché non lascia percepire al produttore la perdita di produzione che si verifica quando le piante sono disturbate nel loro naturale comportamento da condizioni di coltivazione deroganti dalle ideali.

    La potatura dell’olivo ha mutato nei secoli i suoi connotati seguendo di pari passo il mutare degli indirizzi sulle forme di allevamento delle piante, insieme a quello delle esigenze agronomiche, economiche e sociali del comparto. Dalla fine dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento l’unica proposta di allevamento dell’olivo era il “vaso dicotomico”, dove le originarie 3-4 branche primarie subivano ripetute cimature per stimolare varie divisioni dicotomiche, per agevolare “l’appoggiata” delle scale con cui gli agricoltori dell’epoca operavano diffusamente. In tal modo, però, le piante tendevano ad una progressiva affermazione della porzione superiore di chioma a discapito di quella inferiore, per cui si rendeva necessaria una periodica “stroncatura” della struttura primaria (acefalia), con l’intenzione di rinvigorire la porzione inferiore di chioma. L’intervento, per quanto rovinoso e dispendioso sia per l’albero che per l’impresa per almeno 2-3 anni, era all’epoca comunemente praticato anche per soddisfare i bisogni energetici (legna) della famiglia contadina.

    Un primo sostanziale contributo al progresso del settore avvenne tra il 1920 ed il ’30, quando subentrò una nuova scuola di pensiero con la quale si suggeriva di rinunciare alla dicotomia per realizzare una nuova forma di allevamento denominata “vaso policonico”, secondo cui la chioma poteva sviluppare fino all’altezza desiderata, ma su di un solo germoglio “lussureggiante” per ognuna delle originarie 3-4 branche primarie (Marinucci M., 1933; Roventini, 1936; Tonini, 1929). La chioma appariva formata da altrettanti coni inclinati di 30-45° circa e vuoti internamente, uniti per la base ma separati nettamente al vertice, in modo tale da assegnare ad ognuno di essi la “funzione di cima”. Così facendo le piante evitavano l’affermazione della porzione superiore di chioma ed esprimevano pienamente il potenziale produttivo nella porzione inferiore, ricca di branche secondarie pienamente funzionali e rinnovabili.

    Un secondo essenziale contributo al progresso del settore fu reso disponibile dalle esperienze di Morettini (1955 e 1964) condotte durante il periodo 1941-’54 in provincia di Firenze su piante delle due cultivar Frantoio e Moraiolo e nel corso del periodo 1949-’62 in provincia di Viterbo su piante della cultivar Canino. In entrambe le occasioni furono effettuate osservazioni sulla quantità di prodotto, sulla resa in olio, sulle spese per la potatura e la raccolta e sulla statura di piante, in parte sottoposte a razionale potatura annuale ed in parte non potate. I risultati consentirono di affermare che con la potatura annuale non si incrementa durevolmente la produttività complessiva dell’olivo e non si modifica sostanzialmente l’andamento dell’alternanza, dipendendo la fruttificazione da un complesso di fattori pedoclimatici e dall’azione esercitata dalle pratiche colturali, che concorrono a potenziare lo stato nutrizionale dell’albero ed a regolare la fruttificazione. Ciò nonostante, la potatura annuale fu ritenuta una pratica di indubbia utilità dal punto di vista economico, in considerazione delle notevoli, minori spese richieste per la raccolta delle olive le quali, già allora, incidevano in modo sempre più rilevante sull’economia dell’oliveto. Per un miglioramento produttivo si suggeriva, però, di associare alla potatura annuale la razionale applicazione delle altre pratiche colturali.

    Anche alla luce delle attuali, migliorate conoscenze di fisiologia vegetale tutti i suddetti insegnamenti sono confermati, con particolare riferimento alla opportunità di soddisfare il naturale desiderio di sviluppo della chioma e di salvaguardare una benché minima parte della sua porzione apicale. La prima necessità deriva dal rapporto chioma/radici che, dovendo produrre un risultato tendenzialmente stabile, consente di condizionare gli equilibri tra attività vegetativa e produttiva. Nel secondo caso le piante esercitano il fenomeno fisiologico della dominanza apicale mediante il quale le foglie e le gemme apicali regolano l’entità della crescita, l’angolo d’inserzione, il numero e la lunghezza dei rami e delle branche determinando, nel complesso, le dimensioni e la forma dell’albero.

    La forma di allevamento suggerita per la realizzazione della nuova olivicoltura e per la ristrutturazione di quella tradizionale nel rispetto della naturale conformazione della chioma dell’olivo è quella a vaso policonico resa, però, aderente alle attuali necessità agronomiche, economiche e sociali da rapidi interventi cesori eseguiti da terra con attrezzatura eventualmente prolungabile (potatura agevolata), su una struttura legnosa limitata all’essenziale (potatura semplificata) e con interventi solo sostanziali e prioritari. A tale forma si riconosce il merito di assecondare per decenni le suddette necessità fisiologiche, di consentire l’intercettazione di una elevata quantità di energia radiante mediante esposizione alla luce delle foglie e della superficie fruttificante, di presentarsi compatibile con le esigenze dei sistemi di raccolta sia con pettini agevolatori che meccanica con vibratori del tronco. Questa versatilità deriva dalla possibilità di modificare la forma dell’albero da un cilindro basso e largo ad uno stretto ed alto, semplicemente orientando diversamente le branche e/o le cime, senza incidere sullo sviluppo volumetrico della chioma.


Il preziosissimo Volume "Olivicoltura", di A. Morettini (1950)
è ancora attualissimo al giorno d'oggi

    Turni e metodi di potatura dovranno essere scelti in base alla necessità di conservare la condizione di equilibrio tra attività produttiva e vegetativa, da cui emerge l’opportunità di brevi ma costanti interventi manuali volti a prevenire l’insorgenza di processi degenerativi dalla forma ideale. Interventi periodici consentono, infatti, l’affermazione di vigorose formazioni vegetative sia sulla struttura primaria che nella zona prossimale delle branche secondarie che, oltre a comportare maggiori oneri per la successiva eliminazione, incidono negativamente sulla ricerca del miglior equilibrio sottraendo risorse alle formazioni vegetative e produttive di reale interesse. Le operazioni di potatura su olivo allevato correttamente a vaso policonico “semplificato” andrebbero eseguite, quindi, secondo priorità e tempi assegnati, in modo tale da salvaguardare le potenzialità produttive degli alberi e limitare i costi al minimo indispensabile. In tal modo l’alternanza produttiva tenderà a limitarsi a quella indotta da insormontabili cause ambientali ed anche l’annosa disputa sull’opportunità di modificare l’intensità degli interventi cesori in funzione dell’annata di carica/scarica non avrà più ragione di esistere.
L’olivicoltura dovrebbe essere gestita come la frutticoltura, dove la potatura annuale non è mai stata messa in discussione e dove gli interventi sono rispettosi delle esigenze della specie e del produttore. Nella pratica olivicola, invece, si assiste a numerose deroghe dagli interventi ideali, prevedendo varia turnazione negli anni, vari livelli di intensità di taglio e, recentemente, anche l’impiego di macchine per il taglio indiscriminato di porzioni periferiche di chioma. In ogni caso, l’alternativa che si intende praticare dovrebbe essere comparata con una rapida potatura annuale su piante allevate a vaso policonico semplificato, ma anche con testimoni da tempo non potati, sulla base dei costi diretti di potatura e raccolta e di quelli indiretti per mancata produzione in piante squilibrate in senso vegetativo.

In ogni caso, come già evidenziato dal Morettini, la potatura deve essere considerata una pratica a disposizione dell'olivicoltore per completare una tecnica colturale già elevata in tutti i suoi aspetti. Con una corretta potatura si dovrebbe provvedere a:

1) definire gli obiettivi agronomici e tecnologici da perseguire;
2) ricercare il miglior equilibrio tra attività vegetativa e produttiva;
3) ridurre al minimo indispensabile la struttura legnosa che, al termine delle operazioni di potatura, dovrebbe risultare quasi invisibile perché assente nella porzione superiore di chioma e nascosta dalla vegetazione secondaria in quella inferiore;
4) salvaguardare la regolarità della forma con interventi prioritari eseguiti procedendo dall’alto verso il basso;
5) rinnovare la vegetazione fruttificante con decisi interventi di selezione tra le branche secondarie o terziarie, quando necessario;
6) trascurare gli interventi meno determinanti;
7) operare da terra con attrezzatura agevolatrice (sia manuale che meccanica) e con tempi di intervento prefissati.

    Occorre quindi smettere di utilizzare le scale per la potatura (ed anche per la raccolta), cercando di limitare al massimo il costo dell’intervento. Le operazioni eseguite da terra, oltre al superamento dei numerosi problemi di sicurezza del lavoro (nel caso si raccomando l’uso di un casco con visiera), consente di abbreviare tempi e costi dell’intervento, migliorando anche la qualità del lavoro per una migliore visibilità dell’albero.

Al termine di queste brevi considerazioni, ed a dimostrazione di quanto tempo e quante occasioni sono state sprecate negli ultimi decenni, ci piace ricordare quanto sinteticamente descritto da Nizzi Grifi (1955) a conclusione di un lungo ed articolato percorso di sperimentazione e divulgazione sulla potatura dell’olivo che vide la partecipazione ed il coinvolgimento di tutte le allora maggiori competenze scientifiche e tecniche. L’Autore ritenne la miglior forma per l’olivo quella policonica, ideata ed attuata dal Roventini in Toscana e dal Tonini in Umbria. “A quella bisogna arrivare se si vuole coltivare l’olivo con concetti di razionalità e con il fine di una elevata produttività. Occorre quindi una potatura di riforma degli olivi allevati a vaso dicotomico, senza mezze misure o compromessi che porterebbero a tornare sulla stessa pianta ed a formare dopo 2 o 3 anni vuoti che meno facilmente si riempirebbero di frasca. Meglio riformare a fondo 100 olivi che riformarne 150 a mezzo per salvare qualche mezza branca allo scopo di guadagnare un po’ di olive”.

Le regole secondo Nizzi Grifi (1955)

  • Occorre abituarsi a ragionare con la pianta perché è sempre la pianta il miglior consigliere ed il più chiaro suggeritore
  • Ogni anno la potatura dell'olivo dovrebbe consistere nella precisazione delle punte e nel taglio della vecchia frasca a frutto (taglio dal di sotto), ove necessario
  • Nell'olivo non si deve mai spuntare né biforcare. Questo è tutto e non è molto. Non si richiede più tempo, pur ripassando tutte le piante, perché i tagli sono pochi e decisi
  • Non c'è, ne ci deve essere uno "sforbicciacchiamento" minuto della frasca e quindi il lavoro, una volta che le piante siano state portate alla loro chioma, è celere
  • Di legno grosso meno ce n'è e meglio è. Basta quel tanto che è necessario per portare la massima quantità di frasca e non di più

Da allora nessuna nuova iniziativa formativa organica è stata più intrapresa sulla potatura dell’olivo, mentre sono rapidamente e miseramente fallite tutte le proposte di coltivazione, allevamento e potatura “miracolose” nel frattempo formulate. Il risultato è che in vaste aree olivicole la potatura, quando praticata, viene eseguita con tecniche irrazionali ed anche nelle aree interessate dai suddetti percorsi formativi si assiste ad un regresso colturale e culturale con il ritorno alla “acefalia”. Il futuro agronomico della olivicoltura nazionale non sarà certo nelle ennesime proposte “miracolose” di cui tuttora si legge diffusamente , ma in una organica proposta formativa compatibile con le caratteristiche strutturali e produttive del settore, così come illustrate in (05 ottobre 2013 in Strettamente Tecnico > L'arca olearia).
Il campionato nazionale di potatura dell’olivo allevato a vaso policonico, preceduto da numerose selezioni regionali, a loro volta precedute da attività formativa, va proprio in questa direzione, intendendo ripristinare percorsi formativi in collaborazione con locali Istituzioni ed Associazioni professionali e, particolarmente, con i diretti interessati.

Bibliografia
Nizzi Grifi L., 1955. La produzione dell’olivo può essere raddoppiata. Ed. Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, Firenze: 56 pgg.
Roventini A., 1936. La ricostituzione olivicola attraverso la potatura. Nuovi Annali dell’Agricoltura. Anno XVI, n. 3: 213-225.
Tonini S., 1929. Potatura dell’olivo. Ed. Tipografia Perugina, Perugia: 18 pgg.
Marinucci M., 1933. La potatura dell’olivo e la “funzione di cima”. Estratto da “Atti XI Congresso Internazionale di Olivicoltura”. Lisbona 26 novembre-1 dicembre: 12 pgg.
Morettini A, 1955. La potatura dell’olivo secondo un’esperienza quindicennale. L’Italia Agricola, 8: 95-115.
Morettini A., 1964. La potatura dell’olivo. Influenza sulla produzione e sul fenomeno dell’alternanza. L’Italia Agricola, 2: 119-134.

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